Pagina Sommario

 

IL BRIC SCIMARCO – La cengia

(Finale)

Monografia – Guida d’arrampicata  casereccia

 

Versione 1.1 (2005)

 

di Marco Pukli

(ALA Sanremo)

  

 

 

 

Scimarco è il regno della roccia bella. E’ proprio in questo settore che la Pietra di Finale sembra dare il meglio di sé.

Le linee più interessanti sono state tracciate su muri verticali o leggermente strapiombanti di roccia grigia; il  livello di difficoltà si aggira principalmente intorno al 6c / 7a e le vie sono spesso molto lunghe, 30 / 35 metri.

Anche gli specialisti dello strapiombo possono trovare qualcosina: certi itinerari ben al di là della verticale promettono bene (Tifone, Ciclone, Le mie fragole, Camurria).

La cengia è esposta ad Est, e prende quindi il sole del mattino, andando in ombra nel primo pomeriggio. Vista la posizione “rialzata” rispetto al fondovalle e al bosco sottostante, Scimarco solitamente è uno dei posti meno umidi di Finale. Lassù però l’inverno  è un po’ lugubre e troppo ombroso. Le luminosità della primavera e dell’autunno sono invece deliziose.

Tutte le vie sono attrezzate con ancoraggi inox / acciaio resinati.

Consigliata la corda da 70 metri almeno. Con la corda  da 75/80 si riescono a fare tutti i concatenamenti; il nodo in fondo alla corda è sempre assolutamente obbligatorio. 

Per alcune vie sono necessari fino a 16 rinvii.

 

Descrizione: 1

 

 

Descrizione: eLENCO SCIMARCO

Descrizione: Scimarco Foto small

Descrizione: Camurria smalol

Descrizione: iperzot small

 

Il disegno con le vie

 

L’elenco delle vie

(Formato HtmPdf)

 

Il settore de “La cengia”

 

Lorenzo Santinelli su Camurria (7a+)

Papik Cazzaniga segna mezzogiorno meno un quarto su Hyperzot (7a). In fondo, l’uomo non è nient’altro che un orologio.

 

 

                   

Ero rimasto così, fermo ai primi passi di tante vie, con lo spirito pieno di mondi, o di sassolini…

(Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila).

 

 

 

SCIMARCO

 

Liberamente tratto e adattato alla bisogna da "Aurora", di W.F. Nietzsche.

 

Noi, chiodatori delle pareti vergini!- Tutti questi temerari uccelli che chiodano là in lontananza, in estrema lontananza, - di sicuro! a un certo punto non potranno più andare oltre e si appollaieranno su un albero o su un piccolo scoglio - e grati per giunta di questo misero rifugio! Ma a chi sarebbe lecito trarne la conclusione che dinanzi a loro non c'é più nessuna difficile, libera via da attrezzare, che essi sono volati tanto lontano quanto si può volare! Tutti i nostri grandi maestri e precursori (Quintino Sella, R. Messner, Peo Vernassa...) hanno finito per arrestarsi, e non è il gesto più nobile e leggiadro quello con cui la stanchezza si arresta: anche a me e a te accadrà così! Ma cosa importa di me e di te! Altri uccelli voleranno oltre! Questa nostra consapevolezza e fiducia spicca il volo con essi facendo a gara per volare in alto, sale a picco sul nostro caschetto e oltre la sua impotenza, lassù in alto, e di là guarda nella lontananza, antivede stormi d'uccelli molto più possenti di quel che siamo noi, che aneleranno quel che noi anelammo, in quella direzione dove tutto è ancora mare, mare, mare e roccia!- E dove vogliamo dunque arrivare? Al di là del mare? Dove ci trascina questa potente brama, che per noi è più forte di qualsiasi altro desiderio? Perché proprio in questa direzione, laggiù dove fino ad oggi sono tramontati tutti i soli dell'umanità? Si dirà forse un giorno di noi che, volgendo la punta del trapano a occidente, anche noi speravamo di raggiungere la vetta del Bric Scimarco, - ma che nostro destino fu quello di naufragare nell'infinito?

Oppure, fratelli miei? Oppure? -

 

 

Accesso:

  

   Da Final Borgo raggiungere Perti, quindi seguire la stradina  che risale la valletta di Montesordo (Val Urta) fino alla caratteristica frazione “Casa Valle” (ben riconoscibile poiché tutte le case sono di un bel color terracotta). Posteggiare l’auto (con molta discrezione evitando di invadere la proprietà privata).

   Dal villaggio, parte la bellissima mulattiera lastricata da seguire (segnavia 3 palle rosse).

   Seguirla per una decina di minuti circa fino ad un colletto boscoso sullo spartiacque, quindi - lasciando la mulattiera principale che scende nell’altro versante della valle  verso il settore “Pilastro del Re” del Bric Scimarco -  prendere una traccia sulla sinistra che conduce alla cengia mediana, esposta ad Est. Un quarto d’ora abbondante di cammino complessivo dall’auto.

   Poco prima di raggiungere la cengia, una traccia sale al settore “Antri Rossi”, esposto a Sud. Il sentiero che dal colletto boscoso sullo spartiacque volge a destra conduce invece, in breve, alle rovine del castello di Perti e alla Chiesetta di Sant’Antonino.

 

 

 

EPILOGO

 

   Questo piccola monografia vuole essere un gesto d'affetto dedicato a questo nostro ambiente particolare - Il Bric Scimarco – nel quale abbiamo vissuto col cuore  le nostre più belle giornate di scalata.

   Già nel 1989 – sono passati 15 anni! - iniziammo a subirne il fascino e a capirne l’importanza: risalgono a quegli anni ormai lontani le classicissime Valle Argentina, il Dubbio (che roccia!), Fessurina, La cengia allegra, Dita da cani, ecc.

   Furono esperienze molto belle, vivemmo in pace e tirammo fuori qualcosa che ancora oggi ha un suo significato.

 

   Per noi scalator-chiodatori Scimarco  rappresenta qualcosa di molto simile a un'opera d'arte, una nostra creatura costituita da vie d'arrampicata invitanti, piacevoli ed eccitanti, perfette nella loro natura, nel loro essere scolpite dentro l'ambiente del Finalese,

   Finale: un mondo che ci ha offerto  la possibilità di esprimerci per quel che siamo. Ed esprimersi per quel che si é – oggigiorno - non è per niente facile. Come dice Schopenhauer (*), viviamo un po’ tutti in quella condizione moderna che ci costringe, “in quello stato di repressione e domesticità che si chiama civiltà" .

  Ma al Bric Scimarco la civiltà non ci condiziona più di tanto: qui è la natura ad avere la meglio. Una natura più che mai generosa, che ci ha donato questo tipo di pietra grigia rugosa, tutta buchetti e disegni, incredibilmente adatta all'arrampicata. Insomma, noialtri scalatori abbiamo avuto una bella fortuna!

   Speriamo che duri. Di rischi, a pensarci bene, ne abbiamo già corsi parecchi. Per esempio: il Bric Scimarco non è stato finora sopraffatto dal rumore di qualche importantissima autostrada,  non è ancora stato mangiato vivo dalle cave, non è mai stato  inserito in ambiziosissimi progetti di valorizzazione (che spesso hanno come obiettivo il valorizzare un qualcosa che – se non valorizzato – varrebbe molto di più!).

   Questo angolo di finalese è passato inosservato agli occhi di chi costruisce case su case, e strade  su strade, lasciandoci poi in eredità un bel mondo distrutto e deturpato sul quale vivacchiare (ma in compenso pieno di case e di strade).

  Ovviamente è presto per cantar vittoria, poiché anche le più belle pareti di questa Terra potrebbero un  giorno fare una  brutta fine  (Ghiaino? Discarica? Belvedere su abusi edilizi condonati – che imbarazzo e vergogna talvolta essere scalatori italiani!).

 

   Tra i mille scampati pericoli, voglio ricordarne ancora uno, certamente meno preoccupante degli altri, ma che abbiamo schivato con particolare piacere.  Scimarco infatti è riuscito a sopravvivere al  giudizio dei grandi specialisti del mondo dell’arrampicata, i quali a volte utilizzano questo nostro ambiente per dei fini che  non sembrano essere troppo nobili, legati come sono al raggiungimento di soddisfazioni di natura egoistica o economica. Attraverso le loro opere non disinteressate, abbassano la mannaia di facili sentenze sul collo delle più belle pareti, delle più incontaminate montagne, dei più affiatati gruppi di amici, riuscendo spesso ad inquinarne lo spirito.

"Quelli che utilizzano tutto quanto la natura rara e più nobile ha prodotto per i loro bassi scopi", direbbe ancora Schopenhauer.

   Ma certe pareti e relative vie d'arrampicata , non possono rispondere agli interessi particolari di qualcuno, poiché - in quanto forme d’arte - si tratta di produzioni che vanno oltre lo scopo immediato e pratico dell'individuo che le genera o che le utilizza, e hanno quindi un valore universale. Queste vie d'arrampicata, traggono parte del loro più intimo significato proprio dal fatto che sono riuscite a liberarsi dalla morsa dell' utilità, della necessità di dover servire a qualche cosa di materiale. Sono vie di tutti e per tutti, ma non sono di nessuno. Superano il significato dell'individuo che le ha chiodate, o delle persone che le hanno scalate, poiché fanno parte della natura della parete stessa, dell'ambiente in cui sono state scolpite.

 

   Ma ora basta parlare. Se è vero che per afferrare in profondità il significato di certi sentimenti è utile discuterne, scriverne e confrontarsi con gli altri, è anche vero che bisogna innanzitutto saper tradurre quel significato in un qualcosa di assolutamente intimo e personale, vivendoselo direttamente sulla propria pelle.

   Dobbiamo innanzitutto scalare, per capire.

 

   Per cui, amato lettore, posa immediatamente questa monografia - o meglio, cacciala nello zaino - e corri ad arrampicarti, ché il Bric Scimarco ti aspetta!  

 

 

 (*) Arthur Schopenhauer, Parerga e Paralipomena.

 

 

-Fine – Copyright Marco Pukli.